La storia di Industria 4.0
Quarta Rivoluzione Industriale.
Ad una rivoluzione corrisponde sempre un profondo cambio di paradigma: superato il concetto di industria fondato sull’automazione e l’informatizzazione, oggi l’industria è digitale ed interconnessa.
La tecnologia permette finalmente di integrare il mondo fisico, digitale e biologico.
Oggi è Industria 4.0.
Il primo accenno fu ad Hannover nel 2011 e già nel 2013 il piano industriale tedesco si chiamava “Industry 4.0”: iniziava un processo di presa di coscienza comune in evoluzione come i suoi nomi e significati.
Con Manifattura 4.0 ci si riferì all’innovazione di prodotto attraverso tecnologie digitali ed interconnesse: Internet of Things, Big Data, Cloud, prototipazione 3D e robotica erano le parole chiave.
Si parlò di Fabbrica 4.0 quando si fece strada la consapevolezza che l’innovazione di prodotto non potesse prescindere da un’innovazione di processo: l’intero sistema industriale e l’intera catena del valore andavano adeguati alle mutate esigenze del mercato globale.
Con il Piano Nazionale Industria 4.0 del 2017, l’Italia accettò la sfida dello sviluppo e dell’innovazione industriale. Il governo mirava a dare impulso agli investimenti con un mix di incentivi fiscali. Fu il momento dell’iper e superammortamento, del sostegno della Nuova Sabatini per l’acquisto di beni strumentali, del credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo, delle misure a sostegno delle startup, del Fondo di Garanzia per le PMI, della Patent Box, dei Digital Innovation Hub e dei Competence Center. Il bilancio incoraggiante dell’iniziativa evidenziò però una visione limitata agli aspetti più tecnici e la mancanza di un vero sguardo d’insieme. Oltre agli investimenti innovativi fu chiaro che intervenire su competenze, governance ed infrastrutture fosse imperativo per creare un contesto favorevole allo sviluppo.
Il Piano Nazionale Impresa 4.0 del 2018 perseverava nel sostegno agli investimenti tecnologici e di ricerca con un rinnovato mix di incentivi fiscali, introducendo anche elementi come la formazione del personale sulle nuove tecnologie e la creazione di competenze manageriali per sperimentare nuovi modelli organizzativi e gestionali. I dati disponibili oggi rivelano che solo poche, grandi aziende italiane che effettuavano investimenti in tecnologia avevano utilizzato gli incentivi. Le PMI, spina dorsale dell’economia del paese, usufruivano solo marginalmente dei benefici: necessitavano di consapevolezza, semplificazione e sostegno. Gli imprenditori sperimentavano incertezza e sfiducia, scarso slancio nonostante i primi risultati positivi. Burocrazia e scarsa informazione li allontanavano dalle stesse istituzioni che avrebbero dovuto sostenerli.
È datato 2020 il nuovo Piano Nazionale Transizione 4.0: innovazione sostenibile, sviluppo e formazione con obiettivo di ampliare del 40% la platea delle aziende destinatarie. La semplificazione si è tradotta nella decisione di utilizzare il credito d’imposta come unico strumento di recupero dei costi per investimenti innovativi.
Industria 4.0 significa oggi la creazione di valore aggiunto attraverso la digitalizzazione dell’industria: due sono gli elementi cruciali. Il primo è la connessione intelligente in tempo reale di uomini, macchine e dispositivi, per la coordinazione attraverso informazioni utili, puntuali e pertinenti. Il secondo è la creazione di un nuovo concetto di organizzazione, non solo aziendale, ma globale e sostenibile. Le nuove tecnologie sono in grado sia di garantire l’interconnessione, sia di rendere controllabili instabilità ed inefficienze generate da una catena del valore più complessa.
Nel Piano Transizione 4.0 si innesta l’iniziativa Impresa 4.0 Plus, integrando le misure per la ripresa dopo la pandemia globale che ha avuto un impatto senza precedenti sull’economia nazionale e mondiale. L’emergenza sanitaria ha reso ancora più evidenti arretratezza tecnologica e necessità di sostegno economico alle aziende in crisi, ma ha anche aumentato la consapevolezza rispetto alla trasformazione digitale.